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La terapia ormonale nell'uomo

 

Carlo Foresta, andrologo ed endocrinologo presso l'Università di Padova, introduce le innovazioni terapeutiche della farmacogenomica applicate ad alcune tipologie di infertilità maschile nell'ambito della procreazione medicalmente assistita.

"Nell'ambito della terapia del maschio infertile abbiamo assistito ad alcune innovazioni", esordisce Carlo Foresta. "Un'innovazione molto importante è quella di avere compreso che l'ormone che stimola la produzione degli ovociti nella donna - l'FSH, e che è quello che normalmente stimola la produzione degli spermatozoi nell'uomo - trova indicazione in un gruppo di pazienti che rispondono a questo ormone perché hanno ancora una riserva funzionale spermatogenetica.

Si tratta di un fatto molto importante perché, nel giro di tre mesi, in questa categoria di soggetti noi riusciamo a dimostrare l'efficacia del farmaco attraverso uno spiccato incremento di produzione di spermatozoi. La novità non consiste tanto nell'individuazione di un farmaco nuovo, ma nel comprendere quali pazienti possono trarre vantaggio da questa terapia perché se viene data casualmente, indipendentemente dai criteri che sono stati individuati, non produce nessun effetto, anzi ne produce uno negativo proprio perché i risultati si ottengono dopo tre o quattro mesi. Attendere un periodo di tempo simile, soprattutto quando la partner è in età già avanzata, non è di certo una soluzione utile per la ricerca della fertilità.

Questo è un settore importante perché ha consentito di capire anche quali sono le caratteristiche genetiche dei soggetti che rispondono a questa terapia di farmacogenomica, ovvero di terapia applicata alle caratteristiche genetiche di un determinato soggetto e questo ha aperto numerose possibilità di soluzione. In questi ultimi 20 anni, i dati non sono cambiati sostanzialmente se confrontiamo la percentuale di esiti positivi dati dalle tecnologie nell'ambito della procreazione medicalmente assistita. L'incremento è del 4-5% a fronte di numerosi sforzi di tipo tecnologico e di tipo clinico, quindi, il fenomeno che noi dobbiamo davvero osservare è quello di trovare delle soluzioni che riducano il ricorso alla procreazione medicalmente assistita perché è chiaro che ad oggi non è la tecnologia la chiave per risolvere il problema dell'infertilità", conclude Foresta.

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